Blueprint: copertura dei costi e tariffazione
Il 14 novembre scorso la Commissione europea ha adottato il “Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee” meglio noto come Blueprint. Si compone di 18 Misure miranti a rendere più efficace la politica della UE nel settore idrico. Le 18 Misure sono state proposte a seguito di una valutazione, con la procedura del Fitness Check, del quadro legislativo europeo sulla gestione dell’acqua. Il Fitness Check ha identificato incoerenze, manchevolezze e difficoltà applicative della Direttiva Quadro sulle Acque (DQA) adottata nel 2000 e in diverse altre direttive collegate (acque reflue urbane, acque sotterranee, inondazioni…). Gran parte delle misure proposte dal Blueprint riguardano questioni economiche e finanziarie.
Art. 9 della DQA
L’Art. 9 della DQA riguarda il recupero dei costi e la tariffazione. I costi presi in considerazione sono quelli dei servizi di produzione e distribuzione dell’acqua potabile, dei servizi di depurazione e di quelli ambientali per la preservazione delle risorse idriche. A una prima lettura, l’Art. 9 della DQA sembra lasciare una grande libertà agli Stati membri su come recuperare i costi. Ma non è così. Il recupero dei costi è basato sulla regola “chi inquina, paga” (v. anche l’Allegato III della DQA intitolato Analisi economica) e questa regola esclude già di fatto la fiscalità generale.
Gli inquinatori sono gli utenti domestici, industriali e agricoli. L’Art. 9 prevede anche una tariffazione incentivante il risparmio idrico da parte degli utenti al fine di conseguire più facilmente gli obiettivi ambientali della DQA. Gli Stati membri hanno quindi impostato una fatturazione agli utenti in base alla quantità di acqua consumata. Col pretesto di responsabilizzarli, la bolletta dell’acqua li trasforma in realtà in semplici consumatori.
Diagnosi
Il Blueprint constata giustamente che la totalità degli Stati membri incontra molte difficoltà di finanziamento e ciò impedisce loro di raggiungere gli obiettivi fissati dalla DQA stessa e dalle direttive collegate. E così, la Corte di giustizia europea ha condannato diversi Stati membri per incapacità di ottemperare alla DQA (Grecia 2008; Italia 2007; Portogallo 2006…), alla direttiva sulle acque reflue (Spagna 2011; Irlanda 2009…), a quella sui nitrati (Francia 2013…). Le cause delle difficoltà di finanziamento sono molteplici e alcune sono legate al principio stesso di recupero dei costi e di tariffazione proposto dall’Art.9 della DQA.
Due cause significative delle difficoltà di finanziamento sono particolarmente evidenti:
1- il consumo d’acqua delle utenze domestiche e industriali diminuisce ovunque in Europa
In Francia, la diminuzione è del 25% negli ultimi vent’anni: calo dovuto alla diminuzione dei consumi d’acqua degli elettrodomestici, all’evoluzione dei modi di vita e delle mentalità, ai miglioramenti dei processi industriali. Parallelamente i costi fissi collegati ai servizi aumentano per effetto delle numerose revisioni delle normative sulle infrastrutture a causa dell’aumento dell’inquinamento, delle grandi ristrutturazioni delle reti rese necessarie dall’invecchiamento e dalla cattiva manutenzione. La bolletta dell’acqua si basa essenzialmente sul consumo degli utenti domestici e industriali: più questi economizzano acqua e più diventa difficile finanziare i servizi.
2- Il principio “chi inquina, paga” è applicato malissimo
Nella maggior parte degli Stati membri, i maggiori consumi e inquinamenti dell’acqua sono dovuti agli utenti agricoli che meno contribuiscono al recupero dei costi. In Francia gli utenti domestici consumano il 24% dell’acqua prelevata e contribuiscano dal 74,5% all’89,9% al canone per “ammodernamento delle reti fognarie” e “inquinamento” delle Agenzie dell’acqua; gli utenti agricoli consumano il 48% dell’acqua prelevata e contribuiscono per il 3,6% e 0,5% al due canone delle Agenzie dell’acqua.
Soluzioni proposte da Blueprint
Al paragrafo 2.3 del Blueprint intitolato “Efficienza idrica nell’UE: problemi e soluzioni”, la Commissione europea propone di rafforzare il principio di recupero dei costi e di tariffazione definito all’Art.9 della DQA e non lo rimette in discussione.
L’inefficacia a finanziare i servizi per raggiungere gli obiettivi ambientali della DCE sarebbe dovuta a una politica tariffaria non abbastanza trasparente e incentivante[1].
Il Blueprint propone di sviluppare strumenti di contabilizzazione dell’acqua per consentire di (i) impostare una tariffazione incentivante, (ii) determinare il giusto prezzo dell’acqua[2], (iii) identificare quelli che la commissione europea definisce servizi ecosistemici e dare loro un prezzo.
Il Blueprint ribadisce che l’acqua è una risorsa rara che deve avere un prezzo per la sua preservazione[3]. La Commissione europea continua a considerare l’acqua come una merce che, in quanto tale, si caratterizza per la sua rarità e il suo prezzo. Di conseguenza, il recupero dei costi continuerà a poggiare sulla fatturazione agli utenti. Il giusto prezzo consisterà nell’aumentare il prezzo al m³ d’acqua consumata e a introdurre il costo dei servizi ecosistemici aggravando l’ingiustizia sociale nell’accesso all’acqua. Va notato che l’European Innovation Partnership for Water è favorevole all’idea di fatturare all’utente non solo il volume d’acqua consumato ma anche il perseguimento di obiettivi (riduzione del tasso di perdite delle reti…). Idea questa sostenuta dagli operatori privati che vedono sfumare i loro margini di profitto per la diminuzione dei consumi d’acqua nelle città.
Infine, Blueprint propone diverse misure perchè gli inquinatori paghino davvero. La principale consiste nel condizionare l’ottenimento di sovvenzioni della Politica Agricola Comune (PAC) a un uso “efficace” dell’acqua da parte degli agricoltori (irrigazioni a economia d’ acqua e pesticidi poco inquinanti). Misura di buon senso ma di delicata attuazione. Attualmente la maggior parte delle sovvenzioni della PAC viene accaparrata dall’agricoltura produttivista: quella che consuma più acqua e che la inquina di più. Una diversa destinazione delle sovvenzioni deve essere attuata in funzione di criteri ambientali come l’acqua ma anche in un’ottica di sovranità alimentare e di filiera corta (leggi Cultivating water bubbles). Il Blueprint non ne parla affatto.
Negli ultimi tempi le difficoltà di finanziamento hanno dato luogo in tutti gli Stati membri a relazioni[4], proposte e talvolta anche all’applicazione di nuovi provvedimenti. In Italia, il 12 dicembre 2012 l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, istituita dal governo Monti, ha adottato un nuovo metodo tariffario per il servizio idrico in contrasto con l’esito del Referendum del giugno 2011[5]. Un rapporto di valutazione della politica dell’acqua in Francia[6] è stato consegnato al primo ministro nel giugno 2013. Esso propone di “ripensare il modello economico di finanziamento dell’acqua” ma si limita a delle contorsioni per rientrare nel quadro stabilito dalla DQA e da Blueprint.
[1] " non tutti gli Stati membri e non tutti i settori che utilizzano acqua applicano prezzi per le acque incentivanti e trasparenti ", Blueprint [COM(2012) 673 du 14.11.2012]
[2] “Stabilire il giusto prezzo per l’acqua”, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio “Affrontare i problemi della limitatezza della risorsa acqua e della siccità nell’Unione europea [COM(2007) 414 du 18.7.2007]
[3] "Il non applicare un prezzo a una risorsa limitata come l’acqua può essere ritenuto alla pari di una sovvenzione dannosa per l’ambiente", Blueprint [COM(2012) 673 du 14.11.2012]
[4] Assessment of cost recovery through pricing of water - EEA's Technical report No 16/2013
[5] L'Autorità approva la nuova tariffa dell'acqua in violazione del referendum
[6] Rapport d’évaluation de la politique de l’eau en France - Mobiliser les territoires pour inventer le nouveau service public de l’eau et atteindre nos objectifs de qualité. Michel Lesage, juin 2013.