R-esistenze contro la privatizzazione dell'acqua!

Nell'ultimo numero del Granello di Sabbia ho raccontato delle politiche di austerity influiscano sull'“acqua” rafforzando le privatizzazioni tanto care alle politiche neoliberiste. Fortunatamente anche le pratiche di resistenza alle privatizzazioni, non solo dell'acqua, si diffondono sempre di più.

Oltre all'Italia di cui tutti seguiamo da vicino la situazione, anche grazie a Granello di Sabbia e in cui il caso di Napoli rappresenta un potenziale modello, in altri contesti le pratiche di resistenza meritano la nostra attenzione. Ci occuperemo in particolare di quel che succede in Spagna, in Grecia, in Germania e in Portogallo. Per avere maggiori informazioni su altre campagne per la rimunicipalizzazione consiglio di dare un'occhiata al Water Remunicipalisation Tracker, un progetto on-line del TNI.

In alcuni casi, come a Barcellona, la mobilitazione si ricollega a contesti in cui la privatizzazione dell'acqua è assai radicata; altrove come in Grecia, e in particolare a Salonicco e Atene, le campagne sono una conseguenza della privatizzazione causata dalle politiche di austerità. Nel caso di Berlino queste campagne hanno prodotto dei risultati positivi anche se per piuttosto complicati.

Con l'eccezione della Spagna, dove la campagna per la difesa del Canal Isabel II e le campagne contro la Sociedad General de Aguas de Barcelona (AGBAR-SUEZ) si inseriscono in un lungo processo di resistenza contro la privatizzazione i cui risultati sono ancora di là da venire, i casi tedesco, portoghese e greco sono, per ragioni diverse, estremamente attuali.

Spagna - Barcellona e Madrid

La campagna promossa dalla Platagorma Aigua és Vida a Barcellona è particolarmente interessante perché prende spunto da una questione puramente legale, o meglio da una situazione di vacuum legislativo, per combattere la privatizzazione in quanto tale. La concessione effettuata dalla Municipalità a vantaggio della AGBAR-SUEZ nel 2012 infatti appare illegale in sé stessa, essendo stata effettuata senza gara d'appalto, ha prodotto una situazione di sostanziale monopolio e per di più, è stata fatta per sanare una situazione precedente, anch'essa illegale. La compagnia operava infatti come distributore d'acqua nella regione di Barcellona coprendo l'80% del servizio ma, in almeno 17 comuni (municipalidad) ciò avveniva in assenza di alcun contratto. La situazione offre interessanti e proficui appigli giuridici per contestare la gestione privata dell'acqua che si presenta al tempo stesso come frutto di un procedimento illegale e di grave difetto di democrazia. Gli attivisti sostengono che tale approccio monopolistico sia in contrasto tanto con la Direttiva Europea 123/2006/CE (recepita in Spagna con la legge 17/2009) quanto con la autonomia della comunità per cui la responsabilità del servizio idrico dovrebbe competere alla Generalitat de Catalunya e non all'Area Metropolitana de Barcelona (AMB) che aveva invece fatto la concessione all'AGBAR.

A Madrid la lotta dei movimenti per l'acqua, la Marea Azul e la Plataforma contra la Privatizacion del Canal Isabel II, mira a impedire la privatizzazione del Canal Isabel II. Anche in questo caso la questione della partecipazione cittadina e della mancanza di trasparenza si rivelano fondamentali. Durante i quattro anni relativi al processo di privatizzazione, infatti, l'informazione alla Assemblea di Madrid e ai cittadini è stata nulla. Il risultato, naturalmente, è che i cittadini non hanno potuto esprimersi rispetto alla privatizzazione: la Plataforma e Marea Azul chiedono quindi un Referendum che permetta ai cittadini di decidere sulla privatizzazione del Canale.

La Plataforma e la Marea Azul chiedono anche una partecipazione dei cittadini e dell'organizzazioni sociali attraverso la creazione di un Observatorio della Gestión del Agua, l'inclusione di una rappresentanza delle organizzazioni della società civile ne Consiglio d'Amministrazione della società anonima. Ma è il Referendum la questione che al momento raccoglie la maggiore adesione, anche sulla scorta del successo dell'esperienza del Referendum italiano.

Portogallo

Recentemente la situazione della gestione dell'acqua in Portogallo, dove da la Campagna “Água é de todos” era stata lanciata nel 2008 con l'obiettivo di difendere la distribuzione pubblica dell'acqua contro i progetti di privatizzazione e le mire delle multinazionali dell'acqua, ha subito una rilevante accelerazione. Manifestazioni a sostegno di una legge di iniziativa popolare (Iniciativa Legislativa de Cidadãos) per la tutela dei diritti individuali e comuni all'acqua e contro i progetti di privatizzazione hanno avuto luogo negli ultimi mesi fino al riconoscimento da parte della Commissione all'Ambiente (2 Luglio 2013) della Proposta di Legge popolare che dovrà dunque essere discussa da parte del Parlamento (Assembleia da Républica).

In un contesto in cui, come sottolineano i promotori della campagna, le lotte sociali sono in Portogallo particolarmente forti e sentite. I Portoghesi, infatti, sono scesi in piazza molte volte negli ultimi mesi contro i tagli che per ben due volte sono stati giudicati anti-costituzionali dalla Corte Costituzionale portoghese, la società civile chiede quindi le dimissioni del governo. La questione dell'acqua è perfettamente inserita in questo quadro, come sottolineano i movimenti impegnati nella Campagna “Água é de todos”, “forzare le dimissioni di questo governo, restituendo la parola al popolo, è la più solida garanzia per fermare la privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici, l'obiettivo per il quale ci siamo battuti e rispetto al quale restiamo saldi, qualunque cosa accada”.

Germania

In Germania, dove l'Iniziativa Cittadina Europea sul diritto all'acqua ha avuto un enorme successo e dove l'opposizione all'inclusione dell'acqua nella direttiva sulle concessioni è stata tanto forte da apportare un rilevante contributo al lavoro di lobbying che ha effettivamente evitato tale scelta, il caso di Berlino si presenta come una vittoria, anche se piuttosto problematica. Nel 2012 il Senato di Berlino aveva ri-acquistato le azioni (il 24.9%) di RWE e adesso sono in corso le negoziazioni per l'acquisto del restante 24,9% ancora nella mani di Veolia. Ma come sottolineano gli attivisti del Berliner Wassertisch “il problema resta il prezzo, che rischia di essere troppo alto!”. L'acquisto delle azioni della RWE è infatti costato 654 milioni di euro e c'è il rischio che le azioni di Veolia siano ancora più care: le trattative sono segrete ma alcune indiscrezioni parlano di 800 milioni di euro. Questo prezzo si deve agli accordi relativi ai profitti garantiti a Veolia fino al 2028 che chiede in pratica di incassare i potenziali profitti dei prossimi 15 anni. Il risultato è che nonostante si tratti di una vittoria per la rimunicipalizzazione dell'acqua il prezzo da pagare per i Berlinesi potrebbe essere alto, con un rilevante aumento delle bollette. Considerato che gli attivisti del Berlin Wassertisch miravano, dal 2006 e in particolare con il referendum vinto nel 2011, a una diminuzione del prezzo dell'acqua questa rimunicipalizzazione appare un “successo ambiguo”. La lotta per una partecipazione cittadina e un acqua davvero pubblica non è ancora finita e sostiene ancora il movimento per l'acqua berlinese, ha bisogno di supporto internazionale, soprattutto da parte di quelle che città che, come Parigi e Napoli hanno vinto battaglie analoghe!

Grecia

L'episodio di Berlino è stato ripreso dalle riflessioni del movimento greco, SavegreekWater: bisogna impedire che le privatizzazioni avvengano perché tornare indietro può avere costi esorbitanti. In Grecia la questione è particolarmente importante e riguarda il progetto di privatizzazione della compagnie che gestiscono il servizio idrico di Salonicco e di Atene. In particolare il caso della privatizzazione della EYATH di Salonicco è stato oggetto di due diverse campagne di resistenza alla privatizzazione. In un primo momento il movimento K136 ha cercato di acquistare le azioni della compagnia, ma i costi eccessivi non hanno permesso l'attuazione di questa campagna. Più recentemente il movimento SaveGreekWater, con il sostegno di atri movimenti a livello europeo e internazionale ha redatto una lettera rivolta ai potenziali acquirenti di queste azioni. L'obiettivo è quello di convincerli a ritirarsi dalla gara di appalto che, come si legge nella lettera (il testo completo qui: (http://europeanwater.org/it/home/89-english/resources/country-city-focus/240-lettera-ai-partecipanti-alla-gara-d-appalto-per-l-acquisto-dell-acqua-a-salonicco) “viene imposta dal Governo greco a sua volta sotto pressioni della Troika per la riduzione del debito” contro la volontà degli abitanti di Salonicco, dei lavoratori e delle municipalità.

In questo contesto l'esclusione dell'acqua dalla direttiva sulle concessioni è stata prontamente inserita nel dibattito dagli attivisti di SaveGreekWater per spingere il Governo a prendere decisioni politiche nel rispetto della democrazia: i movimenti spingono per un decreto presidenziale affinché” le 17 municipalità di Salonicco possano svolgere referendum locali contro la privatizzazione di EYATH”.

In tutta l'Europa, le politiche di privatizzazione delle risorse e dei servizi, conseguenza delle dissennate pratiche economiche “suggerite” dalla Troika si stanno scontrando con forme di resistenza fortissime che, utilizzando strumenti diversi inclusi referendum e leggi di iniziativa popolare, cercano di modificare la situazione. Da un punto di vista socio-politico i due aspetti più importanti di queste pratiche sono la centralità della partecipazione democratica e la coordinazione a livello internazionale. Di questo, chi ha progettato le misure di austerità forse non aveva tenuto conto...

pubblicato in il Granello di Sabbia | numero 6