In Umbria centinaia di autoriduzione delle fatture !

Sono centinaia i cittadini umbri, utenti del servizio idrico, che autoriducono la fattura dell'acqua dell'odioso balzello della Remunerazione del Capitale Investito (RCI), il profitto dei gestori privati che veniva garantito dalla legge italiana e che è stato abrogato con i referendum. L'esito positivo del referendum di giugno 2011 ha fornito al Comitato Umbro Acqua Pubblica un arma in più per lottare contro la privatizzazione dell'acqua!

Il Comitato Umbro Acqua Pubblica è nato nel 2006, in appoggio al “Comitato Tutela Rio Fergia” di Boschetto, mobilitato contro la multinazionale Rocchetta Spa che imbottiglia l'acqua dell'Appennino Umbro, prosciugando nel tempo la nappa freatica lasciando a secco i torrenti della zona e mettendo a rischio anche gli acquedotti che riforniscono gran parte della regione. Da qui il passaggio alle mobilitazioni contro la privatizzazione del Servizio Idrico Integrato (SII), l'altra faccia della mercificazione dell'acqua, è stato quasi naturale.

Insieme ai tanti comitati sparsi in tutta Italia, il Comitato Umbro ha dato vita ad una mobilitazione vivacissima che ha portato alla presentazione di una legge d'iniziativa popolare al Parlamento italiano, raccogliendo oltre 430 mila firme su tutto il territorio nazionale. Proposta di legge che i parlamentari si sono ben guardati di discutere, lasciandola marcire in un cassetto fino alla fine della legislatura.

Intanto un'ulteriore concessione data dalla regione Umbria alla Rocchetta spa veniva bocciata dal Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria, che dava ragione a 11 ricorsi presentati dal Comitato Tutela Rio Fergia e da altri soggetti.

Nello stesso periodo il Comitato Umbro presentò al comune di Perugia, capoluogo di regione, una proposta di delibera popolare che poneva l'acqua come “servizio pubblico privo di rilevanza economica” sostenuta da oltre mille e cinquecento firme di cittadini perugini. Buona parte della maggioranza del Consiglio comunale, PD e Socialisti, insieme all'opposizione di destra, bocciarono quella che era la volontà popolare di porre l'acqua fuori dal mercato.

Due mesi dopo partiva al livello nazionale la raccolta di firme per i referendum sull'acqua. Oltre 1 milioni e quattro cento mila cittadini firmarono per i referendum in meno di 3 mesi, contro il parere di tutti partiti al governo dell'epoca.

Il 12 e 13 giugno 2011, oltre 28 milioni di italiani si recarono alle urne (57%) di cui 96 % votarono contro la privatizzazione obbligatoria del servizio idrico e abrogarono la remunerazione del capitale investito RCI, una componente della tariffa che equivale ad un profitto garantito per i gestori del 7% sui capitali investiti, un meccanismo che comporta aumenti tariffari molto più elevati. Per esempio nella provincia di Perugia, corrispondeva nel 2011 al 14,32% e nel 2012 al 15,82% delle tariffe applicate sulle bollette, in aggiunta alla copertura dei costi di gestione.

Alla vittoria del 2° quesito referendario, che aveva abrogato “l'adeguata remunerazione del capitale investito” dalla tariffa dell'acqua, doveva seguire l'immediata riduzione delle tariffe di tutta Italia a decorrere dal 20 luglio 2011, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'esito referendario.

Invece sia il Governo nazionale, ma sopratutto i Sindaci dei Comuni che deliberano le tariffe, hanno continuato come se non ci fosse stato nessun referendum a far pagare ai cittadini le alte percentuali di profitto previste nei piani industriali, in modo del tutto illegittimo, ignorando completamente la sovranità popolare espressa dai referendum.

La risposta dei cittadini a questa totale mancanza di democrazia non si è fatta attendere e su tutti i territori si è dato vita alla “campagna di obbedienza civile”, cioè “obbedire” alla legge e ai referendum facendo in maniera autonoma l'autoriduzione della bolletta.

Già dal novembre 2011 il Comitato Umbro lanciò la campagna di “obbedienza civile”, ricalcolando la giusta tariffa senza la RCI e decurtando dalle bollette degli utenti quella voce non più dovuta dopo la vittoria referendaria. Come indicato nella carta dei servizi, si contestano le fatture con una lettera di reclamo nella quale si comunica che essendo cambiata la legge in virtù degli esiti referendari, l'importo della bolletta è ridotto, quindi si paga il totale della fattura diminuito della somma corrispondente non dovuta.

Dopo varie minacce di distacco del servizio da parte del gestore Umbra Acque SPA, i cittadini umbri hanno deciso di incontrare il prefetto per denunciare il sopruso esercitato dal gestore che continua a considerare moroso chi applica la legge, mentre con l'appoggio dei Sindaci, continua ad incassare nella tariffa una componente ormai abrogata. Tutto ciò è stato confermato da un parere del Consiglio di Stato a fine gennaio 2013. Questo evidenzia chiaramente che se i gestori continuano a riscuotere la remunerazione del capitale investito vanno contro la legge modificata dal referendum. Davanti al prefetto la società è stata obbligata a riconoscere che, anche se il Comitato non ha ragione … non ha però tutti torti, quindi ha dovuto sospendere i distacchi.

Umbra Acque spa è una società di proprietà per il 60% dei comuni degli ATI 1 e 2 (Ambiti Territoriali Integrati). Il rimanente 40% è di ACEA spa, che come parte privata, gestisce di fatto il SII. ACEA è di proprietà per il 51% del comune di Roma e il 49% di privati tra i quali SUEZ e Caltagirone noto imprenditore palazzinaro romano!

La gestione del SII è mirata esclusivamente ad incassare i massimi profitti, facendo gravare i costi sugli utenti e sui comuni loro amici. Con la gestione privata iniziata nel 2002, Umbra Acque spa ha preso in consegna tutti gli impianti, i depuratori e le reti, che i comuni avevano costruito con i soldi dei cittadini e con mutui bancari, ancora in essere, per circa 4 milioni di €. Le rate dei mutui vengono pagate dagli utenti nelle tariffe per tutto il periodo dell'affidamento, cioè fino al 2027, quindi Umbra Acque spa le deve riversare ai Comuni, sui quali grava il debito verso le banche delle rate dei mutui. Dal 2012 Umbra Acque spa non restituisce più i soldi dei mutui ai comuni, lasciandoli con il debito, mentre continua ad incassarle dai cittadini che pagano 2 volte: 1 prima volta come utenti attraverso la tariffa e una seconda volta come cittadini attraverso le tasse comunali.

Un'altro modo con cui Umbra acque spa accumula profitti riguarda il canone di depurazione. Una sentenza del tribunale del 2008 ha stabilito che le utenze non servite da impianto di depurazione, o che provvedono autonomamente alla depurazione, non devono pagare il canone. Inoltre con un D.M. È stato stabilito che queste ultime hanno diritto fino a 10 anni di rimborso di canoni non dovuti. In considerazione di ciò, nel 2009 Umbra Acque spa ha preteso dai Sindaci un aumento straordinario delle tariffe per rimborsare tali canoni, ma... il rimborso non è automatico, avviene solo su richiesta degli utenti da farsi entro il 15 ottobre! Per quanto dall'inizio dell'anno il comitato si stia prodigando per informare il più possibile la cittadinanza, saranno migliaia gli utenti che non prenderanno mai il rimborso che resterà nelle casse di Umbra Acque spa!

Altro punto sono gli investimenti: nonostante il piano industriale Umbra Acque spa non ha mai realizzato i lavori programmati, neanche quelli finanziati con i fondi pubblici. Ha serie difficoltà finanziarie e cerca liquidità in tutti modi, per esempio aumentando in modo unilaterale il deposito cauzionale, passando da periodi di fatturazione trimestrali a mensili, obbligando i cittadini ad applicare i contatori all'uscita dei pozzi privati e facendo pagare i canoni di depurazione e fognatura, conteggiando anche l'acqua destinata ad innaffiare gli orti.

Si parla anche di esternalizzazioni di parti del servizio, come la letture dei contatori, a società legate a membri del CDA nei quali siedono anche i rappresentanti dei comuni loro complici. Una società che si preoccupa molto di riscuotere, capitalizzare e distribuire dividendi ma non intende investire nulla, tanto che durante un incontro sul risparmio idrico in Commissione Regionale, la società affermava che il 45% di perdite delle reti non sono un suo problema, che interverrà solo con fondi pubblici per l'ammodernamento delle infrastrutture e aspetta da 10 anni altri fondi statali per costruire i depuratori mancanti e ampliare quelli esistenti sottodimensionati.

Dopo il referendum il governo Monti ha incaricato di riscrivere il metodo di calcolo delle tariffe all'AEEG, l'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas, in modo da superare l'ostacolo della decisione popolare e continuare ad assecondare le lobby dei gestori. Infatti l'AEEG per la formulazione del nuovo metodo ha consultato i gestori di tutta Italia, recepito tutte le richieste di questi ultimi inserendo perdite pregresse, cambiando la voce “remunerazione del capitale investito” in “oneri finanziari”, introducendo un'altra componente tariffaria, detta “fondo nuovi investimenti”, senza prevedere quali essi siano, e, trasformando l'acqua da monopolio naturale, diritto umano fondamentale a “merce all'ingrosso”.

Contro la delibera truffa dell'AEEG che raggira completamente i referendum e spinge ancora di più verso la privatizzazione del SII, all'inizio del 2013, sono stati presentati ricorsi al TAR, da parte del Forum Nazionale, del Comune di Aprilia e da numerosi altri soggetti.

Il 30 aprile scorso, anche l'Assemblea dei Sindaci di circa la meta dei comuni a nord della regione Umbria, come in quasi tutta Italia, ha votato una delibera che recepisce il nuovo metodo tariffario transitorio dell'AEEG. Questo nuovo metodo consiste nell'applicazione di un fattore Ə al piano tariffario esistente del 2,20% per il 2012, che dovrà essere conguagliato in maniera retroattiva. Per il 2013 il fattore Ə é del 7,83% e comporta un profitto nelle tariffe el 22%. Non potendo accettare l'ennesima imposizione da parte dei Sindaci il Comitato Umbro ha presentato ricorso al TAR dell'Umbria per l'annullamento della delibera. Nel frattempo i cittadini/utenti continuano a praticare l'autoriduzione delle bollette, ignorando le minacce di distacco che il gestore continua ad inviare.

L'acqua va posta fuori dal mercato, al di fuori delle società di capitale e il SII deve essere un servizio pubblico privo di rilevanza economica che deve garantire prima di tutta la sua sostenibilità per le generazioni future, quindi non inquinare, deve rimanere pubblico, partecipato dai cittadini e gestito in accordo con le collettività locali.

Comitato Umbro Acqua Pubblica