Acqua privata, Frosinone e provincia si ribellano: revocato il contratto con Acea
Erano giorni, ormai, che a Frosinone non si parlava d’altro. “Mandare a casa Acea” era l’impegno che la maggioranza dei sindaci degli 82 comuni della provincia si erano presi. Con in prima fila il capoluogo, seguito da Cassino e da Ceccano, le tre amministrazioni ribelli. E alla fine la delibera è arrivata, secca: “Risoluzione del contratto di gestione del servizio idrico integrato”. La convenzione firmata nel 2003 dalla provincia di Frosinone con la multiutility romana è per i sindaci ormai lettera morta, un treno arrivato a fine corsa.
“Ciaone, Acea”, commentano un paio di primi cittadini, dopo l’annuncio del voto. Un richiamo all’ormai famigerato tweet del deputato PD Ernesto Carbone che racconta una provincia spaccata in due, attraversata negli ultimi due anni da cambiamenti politici epocali. Mai come oggi il Paese passa a sud di Roma, in terra ciociara. A schierarsi con l’azienda romana erano rimasti in campo la maggioranza dei sindaci del Partito Democratico, quasi tutti eletti nella zona industriale attorno all’asse Anagni-Ferentino.
Fino ad un paio di anni fa la maggioranza dei voti della provincia di Frosinone era strettamente in mano ai dem, che, politicamente, hanno sempre difeso l’affidamento della gestione del servizio idrico ad Acea, l’azienda romana privatizzata durante la prima amministrazione Rutelli e cresciuta con Veltroni sindaco, fino a diventare il primo operatore idrico in Italia e il secondo in Europa. A Frosinone, poi, Acea non significa solo gestione dell’acqua: a San Vittore – comune che ha votato a favore della rescissione del contratto – la multiutility romana gestisce il principale inceneritore del Lazio. A Paliano – altra città che si espressa per la cacciata di Acea – ha in mano un impianto di produzione e stoccaggio di Cdr, il combustibile derivato dai rifiuti solidi urbani.
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