Il Blueprint della Commissione mette in vendita acqua e natura

In tema di politica dell’ acqua, la parola d’ordine nella UE è "scarsità”. Da un punto di vista prettamente economico, quando un prodotto scarseggia, il suo prezzo aumenta. Sarebbe il caso dell’acqua se questa fosse considerata una merce, e il Blueprint ce lo ricorda fin dalla prima pagina. Qualificando come scarsità quello che dipende dalla nostra cattiva gestione e dall’inquinamento dei corpi idrici, nel sottosuolo come in superficie, è stata data all’industria la possibilità di fornire nuove soluzioni di alta tecnologia: desalinizzazione dell’acqua del mare, riutilizzo delle acque reflue, acqua in bottiglia nelle zone inondate e colpite dalla siccità. Invece di concepire nel suo insieme la gestione dell’acqua in modo sostenibile, operando scelte diverse per la produzione agricola e per la produzione di energia,invece di riconsiderare i processi decisionali per introdurvi la partecipazione effettiva dei cittadini, il Blueprint prescrive di nuovo la solita cura il cui fallimento è ormai evidente.

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Blueprint: copertura dei costi e tariffazione

Il 14 novembre scorso la Commissione europea ha adottato il “Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee” meglio noto come Blueprint. Si compone di 18 Misure miranti a rendere più efficace la politica della UE nel settore idrico. Le 18 Misure sono state proposte a seguito di una valutazione, con la procedura del Fitness Check, del quadro legislativo europeo sulla gestione dell’acqua. Il Fitness Check ha identificato incoerenze, manchevolezze e difficoltà applicative della Direttiva Quadro sulle Acque (DQA) adottata nel 2000 e in diverse altre direttive collegate (acque reflue urbane, acque sotterranee, inondazioni…). Gran parte delle misure proposte dal Blueprint riguardano questioni economiche e finanziarie.

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Il diritto umano all’acqua

La questione dell’accesso all’acqua e dell’acqua come bene comune e come diritto umano sono assolutamente centrali nel discorso politico contemporaneo e si profilano come fondamentali nel prossimo futuro; e tuttavia non si tratta certo di questioni recenti o che nascono dal nulla. Questo articolo si ripropone di fornire un excursus ragionato su le varie fasi della storia politica che dalla Seconda guerra mondiale ad oggi hanno portato al riconoscimento del diritto umano all’acqua da parte della Assemblea generale delle Nazioni Unite (luglio 2010) e al tempo stesso di analizzare la situazione attuale rispetto all’effettivo riconoscimento di questo diritto a tre anni quasi dalla risoluzione (con una particolare attenzione ad alcuni casi specifici e alla situazione Europea, dove è in corso una Iniziativa cittadina europea sull’acqua come diritto umano).

Leggi l’articolo de Elisabetta Cangelosi sul sito della rivista Storia e Futuro

R-esistenze contro la privatizzazione dell'acqua!

Nell'ultimo numero del Granello di Sabbia ho raccontato delle politiche di austerity influiscano sull'“acqua” rafforzando le privatizzazioni tanto care alle politiche neoliberiste. Fortunatamente anche le pratiche di resistenza alle privatizzazioni, non solo dell'acqua, si diffondono sempre di più.

Oltre all'Italia di cui tutti seguiamo da vicino la situazione, anche grazie a Granello di Sabbia e in cui il caso di Napoli rappresenta un potenziale modello, in altri contesti le pratiche di resistenza meritano la nostra attenzione. Ci occuperemo in particolare di quel che succede in Spagna, in Grecia, in Germania e in Portogallo. Per avere maggiori informazioni su altre campagne per la rimunicipalizzazione consiglio di dare un'occhiata al Water Remunicipalisation Tracker, un progetto on-line del TNI.

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Misure di austerità e mercificazione dell'acqua

Appena pochi mesi prima del riconoscimento dell'acqua come diritto umano da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (28 Luglio 2010) un portavoce della Commissione, tal J.Hennon, ebbe la poco felice idea di esplicitare la vera opinione della Commissione sulla questione della gestione delle risorse idriche in Europa.

In un'intervista a EU Observer, infatti aveva affermato “we consider water to be a commodity as anything else” e la Commissione, in sostanza, non aveva smentito che dal suo punto di vista l'acqua fosse, appunto, una merce come tutte le altre. Certo il contesto della frase si riferiva ai costi di gestione (almeno in teoria), ma non è stato necessario attendere molto per avere ulteriori conferme in merito. Non appena la crisi economica ha cominciato ad aggravarsi colpendo in primo luogo i Paesi Europei dalla situazione più problematica, come la Spagna, il Portogallo, l'Italia e la Grecia l'acqua è tornata a diventare argomento di discussione nel quadro della famigerata “austerity”.

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